Lo scorso 22 novembre 2024 ho avuto il piacere di partecipare all’evento Next Generation Educational LBA a Varese, dove ho parlato ai giovani prospetti del basket italiano di due temi che mi stanno particolarmente a cuore: la dual career e la pianificazione finanziaria. Due argomenti diversi, ma profondamente collegati tra loro, perché riguardano il futuro degli atleti, dentro e fuori dal campo. In allegato troverete anche il link con la presentazione completa dello speech effettuato.
Disclaimer: Questo articolo non costituisce consulenza finanziaria personalizzata. Le informazioni riportate hanno esclusivamente finalità educative e divulgative. Ogni decisione di natura finanziaria deve essere valutata in base alla propria situazione personale, possibilmente con il supporto di un consulente abilitato.
Cosa Troverai in questo articolo
- 1° Quarto – La Dual Career
Cosa significa costruire due percorsi in parallelo, i dati preoccupanti sul post-carriera e le tre parole chiave per affrontare la sfida: equilibrio, sviluppo e resilienza. - 2° Quarto – Il tempo come risorsa scarsa
Come un atleta può (e deve) imparare a gestire le 24 ore tra allenamento, riposo, svago e studio/lavoro. - 3° Quarto – Pianificazione finanziaria
Le tappe della carriera sportiva, gli errori più frequenti e gli esempi celebri di atleti finiti in difficoltà economiche. - 4° Quarto – Il ruolo del consulente
Perché avere un professionista al proprio fianco può fare la differenza, dal breve al lungo termine. - Overtime – Il messaggio finale
Non conta quanto guadagni oggi, conta come pianifichi il domani.
1° Quarto – La Dual Career: prepararsi al futuro

Il concetto di dual career può sembrare semplice sulla carta: significa portare avanti due percorsi in parallelo, quello sportivo e quello accademico o professionale. Ma la realtà è molto più complessa. Per un giovane atleta che sogna il professionismo, pensare già al “dopo” può sembrare quasi un tradimento del presente. Eppure, è proprio questa la sfida: allenarsi e giocare al massimo livello, senza dimenticare che la carriera sportiva è per sua natura breve e fragile.
Quando parlo di dual career non intendo “scegliere un piano B” come se fosse un’opzione di riserva. Piuttosto, significa costruire un percorso parallelo che non toglie nulla all’attività sportiva, ma che la arricchisce. È un approccio che permette di formarsi come persone, non solo come atleti, e che getta le basi per una transizione più serena quando i riflettori del campo si spegneranno.
I numeri che ho condiviso a Varese con i ragazzi della Next Gen Cup sono chiari e, a tratti, spietati:
- Solo 3 atleti su 10 hanno davvero la possibilità di decidere quando smettere, gli altri sono costretti a fermarsi per infortuni, calo di rendimento o mancanza di opportunità (Professional Players’ Federation).
- Il 62% degli ex atleti attraversa un periodo di depressione nei primi anni dopo il ritiro, segno che lo sport, se vissuto come unica identità, lascia un vuoto difficile da colmare (The Rugby Players’ Association).
- Negli Stati Uniti, il 60% degli ex giocatori NBA finisce in bancarotta entro cinque anni dalla fine della carriera. Un dato impressionante, se pensiamo alle cifre milionarie di cui stiamo parlando (Forbes).
- In Italia, circa il 35% dei cestisti professionisti incontra gravi difficoltà economiche dopo il ritiro (GIBA). Anche da noi, dove i guadagni sono più contenuti rispetto all’NBA, la mancanza di prospettiva resta un problema enorme.
Questi dati non servono a spaventare, ma a far capire che la dual career non è un lusso o un’opzione secondaria: è una necessità.
Ho cercato di sintetizzare questo concetto con tre parole chiave che ritengo fondamentali:
Equilibrio. Essere atleti significa avere orari scanditi da allenamenti, partite, trasferte. Inserire studio o lavoro in questo contesto non è facile, ma è possibile con la giusta organizzazione. L’equilibrio è la capacità di bilanciare le energie senza trascurare nessuna delle due dimensioni. Non serve pensare di diventare dottori o manager mentre si gioca una finale, ma serve ritagliarsi spazi costanti per crescere anche fuori dal campo.
Sviluppo. Ogni allenamento costruisce il fisico, ma sono le competenze trasferibili – dal problem solving al public speaking, dalla gestione del tempo alla leadership – che costruiscono il futuro. L’atleta che investe nella sua formazione diventa un professionista completo, pronto ad affrontare il mondo del lavoro con strumenti concreti.
Resilienza. La carriera sportiva è piena di imprevisti: un infortunio, una retrocessione, una scelta societaria. La resilienza è la capacità di assorbire i colpi senza perdere di vista l’orizzonte. È quella visione a lungo termine che ti permette di dire: “Ok, oggi ho una difficoltà, ma sto lavorando per qualcosa che va oltre la partita di domani”.
In sintesi, la dual career è un investimento su se stessi. Non è un’alternativa allo sport, ma un modo per viverlo meglio, con la consapevolezza che l’identità di una persona non si esaurisce in ciò che succede su un campo da gioco

2° Quarto – Il tempo come risorsa scarsa
2° Quarto – Il tempo come risorsa scarsa
“Il bene più prezioso non è il talento, ma il tempo.”
Il talento può aprire porte, ma è il tempo che, se usato bene, costruisce davvero un futuro solido.
La giornata di un atleta professionista è scandita da ritmi serrati: allenamenti, partite, trasferte, fisioterapia, sedute video. A prima vista sembra non esserci spazio per altro. Eppure, se analizziamo nel dettaglio, ci accorgiamo che le famose 24 ore non sono mai interamente occupate. La differenza sta in come si scelgono di utilizzare quelle ore “invisibili”, quelle che molti dedicano solo a svago o riposo, senza pensare al medio-lungo periodo.
Di seguito il grafico proposto durante l’esposizione.
- Riposo: 8 ore
- Allenamento: 6 ore
- Svago: 8 ore
- Studio: 2 ore

Il messaggio che volevo trasmettere è chiaro: la gestione del tempo è un allenamento tanto quanto quello sul campo. Saper scegliere ogni giorno come investire le proprie ore significa costruire una struttura mentale e disciplinare che sarà utile ben oltre il basket.
Non si tratta di eliminare lo svago o il riposo – entrambi fondamentali per la performance – ma di imparare a ritagliare costantemente momenti di crescita personale. Che sia un corso universitario, una certificazione, un libro di formazione o un’esperienza lavorativa part-time, l’importante è che diventi parte integrante della routine.
In altre parole: il vero capitale di un atleta non è solo ciò che guadagna sul campo, ma come sfrutta le proprie 24 ore.
Un’agenda di questo tipo non è semplice da mantenere, ma è la chiave per prepararsi al futuro. Perché mentre l’allenamento costruisce il corpo, lo studio e le esperienze costruiscono la mente e le opportunità del domani.
3° Quarto – Pianificazione finanziaria: la strategia fuori dal campo
Così come ogni partita richiede un piano di gioco, anche la vita di un atleta necessita di una strategia chiara. Senza uno schema definito, si rischia di affidarsi al caso, e il caso – nel lungo termine – non è mai un buon alleato.
La pianificazione finanziaria per uno sportivo non è un tema secondario, ma un tassello centrale. Questo perché la carriera sportiva ha tre caratteristiche precise: è breve, è intensa e soprattutto è incerta. Un infortunio può cambiare tutto in un attimo, una scelta societaria può ridurre drasticamente le prospettive di guadagno, un calo di rendimento può accelerare l’uscita dal palcoscenico.
Ho spiegato ai ragazzi che la vita di un atleta può essere letta come una linea temporale con tappe precise, ognuna delle quali porta con sé opportunità ma anche rischi:
- 18-22 anni: i primi stipendi, le prime cifre importanti sul conto. In questa fase la tentazione di spendere è forte, ma sarebbe già il momento di impostare una strategia.
- 25-30 anni: la piena maturità sportiva, con il massimo flusso di cassa. Qui gli errori di gestione pesano di più, perché si rischia di sprecare le entrate più consistenti.
- 35-40 anni: il momento del ritiro. È qui che tanti si rendono conto di non aver costruito nulla oltre lo sport e si trovano davanti alla domanda più difficile: “E adesso?”.
- 45-55 anni: consolidamento della nuova carriera post-sportiva, se si è avuto la lungimiranza di costruirla.
- 67 anni: la pensione, per chi ha saputo pianificare e proteggere nel tempo il proprio patrimonio.
Per rendere il concetto più chiaro ho portato esempi concreti, anche dal mondo dello sport internazionale. Purtroppo, la storia è piena di atleti che, nonostante guadagni da capogiro, hanno visto crollare la propria stabilità economica:
- Mike Tyson, il re dei pesi massimi, ha bruciato oltre 300 milioni di dollari tra spese folli, errori di gestione e problemi legali.
- Allen Iverson, una delle stelle NBA più iconiche, ha vissuto momenti difficili a causa di investimenti sbagliati e scelte poco lungimiranti.
- Vince Young, quarterback NFL, ha dichiarato bancarotta dopo aver guadagnato più di 30 milioni in carriera, a causa di cattivi investimenti e di uno stile di vita insostenibile.
Non servono cifre da star per finire in difficoltà: anche in Italia, dove gli stipendi medi sono molto inferiori rispetto agli USA, circa il 35% dei cestisti professionisti affronta gravi problemi economici dopo il ritiro.
Ho voluto sottolineare che i motivi alla base di questi fallimenti sono quasi sempre gli stessi:
- Scarsa educazione finanziaria e poca propensione al risparmio.
- Fiducia mal riposta in persone sbagliate o “approfittatori”.
- Assenza di visione post-carriera, come se lo sport fosse eterno.
- Stile di vita sproporzionato rispetto alle entrate future, senza rendersi conto che gli anni del “prime” non tornano più.
Ecco perché parlo di pianificazione come di una “strategia fuori dal campo”: non si tratta di rinunciare al presente, ma di costruire le basi per un futuro sereno. Significa imparare a risparmiare, investire in modo graduale, proteggere il proprio patrimonio e soprattutto pensare a lungo termine.
La vera vittoria, infatti, non è solo alzare un trofeo durante la carriera, ma arrivare a 40 anni con la libertà di scegliere cosa fare del proprio futuro, senza essere costretti da urgenze economiche.
4° Quarto – Perché è importante pianificare e il ruolo del consulente

Se c’è un concetto che ho voluto trasmettere con forza ai ragazzi della Next Gen Cup è questo: non importa quanto guadagni, importa come pianifichi.
Molti atleti, soprattutto quando sono giovani e nel pieno della carriera, pensano che il flusso di denaro non si fermerà mai. Ma la realtà è diversa: la carriera sportiva è fragile, breve e soggetta a mille imprevisti. Non basta avere talento per garantirsi un futuro sereno: serve una strategia a lungo termine.
Perché pianificare?
La pianificazione finanziaria è la chiave per trasformare guadagni temporanei in sicurezza duratura. Pianificare significa:
- Proteggersi dagli imprevisti (un infortunio, un contratto che salta, un cambiamento di mercato).
- Costruire un patrimonio che generi stabilità quando i guadagni sportivi diminuiranno.
- Creare obiettivi chiari: acquistare una casa, costruire un fondo pensione, investire nella formazione.
- Vivere il presente con più serenità, senza l’ansia di non sapere cosa accadrà dopo.
Un concetto che ripeto spesso è che la pianificazione finanziaria non è solo per chi guadagna milioni. Anche un atleta di medio livello, con entrate regolari ma non straordinarie, può (e deve) costruire un percorso su misura. La differenza tra chi arriva al ritiro senza preoccupazioni e chi si trova in difficoltà non sta nell’entità dei guadagni, ma nella capacità di gestirli.
Il ruolo del consulente
Ed è qui che entra in gioco la figura del consulente finanziario.
Il consulente è un po’ come l’allenatore fuori dal campo: non gioca la partita al posto dell’atleta, ma lo aiuta a scegliere la strategia migliore, a leggere le situazioni e a non commettere errori che potrebbero compromettere l’intero percorso.
Il lavoro del consulente si sviluppa su tre orizzonti temporali:
- Breve termine: gestione della liquidità, protezione del reddito, organizzazione delle spese quotidiane.
- Medio termine: costruzione di un portafoglio di investimenti equilibrato, previdenza integrativa, strumenti fiscali efficienti.
- Lungo termine: piani pensionistici, protezione del patrimonio, consolidamento degli obiettivi di vita.
Ma il vero valore aggiunto del consulente non è solo tecnico. È anche psicologico ed educativo. Un consulente aiuta l’atleta a guardare oltre l’immediato, a pensare non solo all’ingaggio della prossima stagione, ma alla vita che verrà dopo. È una guida che unisce numeri, strategia e visione, proprio come un coach che prepara il piano partita.
Pianificare è vincere
Alla fine, il senso di tutto questo si riduce a una verità semplice: pianificare è vincere. Vincere non solo sul campo, ma nella vita.
Un atleta che sa pianificare avrà più libertà, più serenità e più strumenti per affrontare il futuro. E soprattutto non sarà vittima dell’incertezza, che è il peggior avversario per chi vive di sport.
Ho chiuso il mio quarto intervento ricordando ai ragazzi che la vera sfida non è solo arrivare in Serie A o vincere un trofeo. La vera sfida è arrivare a 40 anni con la possibilità di scegliere la propria strada, senza doverla subire.

Overtime – Il messaggio finale

Ho chiuso il mio intervento con una riflessione chiara e semplice:
non conta quanto guadagni oggi, conta come pianifichi il tuo domani.
La carriera sportiva è un’opportunità straordinaria, ma anche breve e incerta. Solo chi lavora in anticipo su dual career e pianificazione finanziaria potrà vivere con serenità il momento in cui le luci del campo si spegneranno.
SOURCES
Film-Tv Series

Libri- Books
